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Cattolici in politica e lista dei cattolici
di Samuele Giombi

Molti di noi hanno paventato la voce circolante che ci qualifica come «lista dei cattolici» per questo vorrei allargare qui un testo scritto in primo luogo per amici di Azione Cattolica.

Le imminenti elezioni amministrative vedono coinvolti, con partiti e movimenti diversi, anche aderenti e responsabili di gruppi ecclesiali. Per questo ci siamo visti recentemente fra amici per discutere assieme delle nostre scelte. In particolare io ho aderito al movimento politico cittadino di ispirazione cristiana denominato “Bene Comune” (che ho contribuito a fondare e per il quale ho curato parti del programma amministrativo). Su questa mia scelta e sul significato di “Bene Comune” alcuni amici di Azione Cattolica mi hanno avanzato una serie di riserve. Le loro critiche o i loro timori  potrebbero riassumersi in tre punti:

1) l’inopportunità di presentare, in un’ottica realmente politica che voglia essere di servizio reale al governo cittadino e non di puro segno o testimonianza, una terza opzione inevitabilmente destinata a soccombere in un sistema elettorale maggioritario e quindi bipolare;

2) l’anacronismo nel proporre un partito di ispirazione cristiana, quando una certa laicità dovrebbe escludere ogni forma di aconfessionalità nella politica, spingendo i cattolici a militare nei diversi partiti anziché in uno di diretto richiamo ai cosiddetti valori cattolici (molti hanno paventato la voce circolante che lo qualifica come "lista dei cattolici");

3) il timore che questo movimento possa sfruttare o stia già sfruttando questo nome “cattolico” per la sua indebita promozione all’interno di ambienti ecclesiali (parrocchie …);

Solo il tempo per una rapida (per me contro natura!) considerazione.

1) Quanto al primo punto, vorrei precisare che -comunque la si pensi sul maggioritario, ed io non sono certo fra i suoi tifosi- le elezioni amministrative non si svolgono con un sistema realmente maggioritario, ma con un sistema  misto che qualche spazio alla rappresentanza “minore” lo lascia.

Ancora. L’alternativa tra incidenza di governo e segno di testimonianza è stata sempre ben presente all’interno del gruppo “Bene Comune”. Ne abbiamo parlato a lungo. Alla fine però abbiamo pensato che confluire all’interno di un altro partito (che tale possibilità ci aveva offerto) avrebbe comportato probabilmente il guadagno di uno spazio di governo per noi nella futura amministrazione comunale, ma con il grosso sacrificio di venire fortemente ridotti negli ingranaggi di una discutibile coalizione. Abbiamo preferito allora seguire la vocazione originaria per la quale il gruppo era nato: la vocazione di offrire un percorso autentico e libero di partecipazione e manifestazione politica a partire dai nostri valori (valori politici, non confessionali) condivisi all’interno del gruppo e come tali offerti a chiunque. Abbiamo pensato che fosse importante la presenza di qualcuno che consentisse una prospettiva di riconoscimento, di speranza, di fiducia, di attrazione finalmente verso la politica da parte di chi è stato a lungo sfiduciato ma condivide valori e conseguenti provvedimenti “scomodi” come i seguenti: solo per fare i primi esempi che mi vengono in mente, la difesa della vita dal concepimento con l’impegno per la prevenzione dell’aborto e il riconoscimento del nascituro come facente parte del nucleo familiare; la valorizzazione della famiglia, con tassazione comunale ed erogazione di tutele sulla base del nucleo familiare; il valore della sussidiarietà, con la promozione delle realtà associative private in quanto precedenti la dimensione del pubblico; la difesa dei cittadini a partire dai più deboli, con la totale eliminazione delle barriere architettoniche; l’applicazione in sede locale dei valori della pace e della cooperazione internazionale, anche attraverso gemellaggi internazionali “sociali” con il Sud del mondo; la tutela dell’ambiente di vita, con la chiara fissazione di priorità della salute rispetto ad ogni investimento edilizio e infrastrutturale (aeroportuale, elettromagnetico, telefonico).

Ciò significa mancanza di senso della mediazione politica, integralismo e mancanza di senso della laicità? Mi sembra un giudizio quantomeno un poco ingeneroso e che -debbo essere sincero- mi ha rattristato. Avrei invece sperato di trovare maggior consenso nel “mio” mondo cattolico su questi principi.

2) e 3) Quanto ai punti secondo e terzo, rispondo con una risposta unificata, rimandando a Luigi Sturzo.

Sturzo, nel 1918-19, nel fondare il suo partito popolare evitò di usare direttamente il riferimento alla Chiesa e al cattolicesimo nel nome del partito: si era ancora in tempo di seppur ammorbidito non expedit (cioè di rottura fra Chiesa e Stato italiano dopo la fine violenta dello Stato pontificio, con conseguente proibizione di partecipare alla vita politica dello Stato per i cattolici); ma, oltre a ciò, Sturzo quasi con una lungimirante intuizione preconciliare (che la successiva DC del dopoguerra non avrebbe mantenuto) teneva molto a sottolineare che i cattolici nel loro fare politica dovevano essere autonomi dalla gerarchia, rifuggendo due rischi opposti, cioè il rischio di coinvolgerla compromettendola o dichiarandosene rappresentanti e il rischio di chiederle protezioni o malleverie sotto banco. Sturzo però non si preoccupava affatto di chiamare il suo un partito di ispirazione cristiana o un partito di cattolici (non un partito cattolico né dei cattolici): egli cioè non aveva scrupoli a definirlo un partito che traeva i suoi valori ispiratori dalla dottrina sociale cattolica e che era formato da cattolici, ma disegnava un partito che si guardasse bene sia dal pretendere di agire a nome della Chiesa, sia dal porre la fede alla sua base, sia dall'assumere la rappresentanza quasi monopolistica dei cattolici. Il suo ideale era dunque quello che ancora mi affascina e del quale -lo confesso- mi sento un po' orfano. Era l'ideale di un partito di cattolici, un partito di ispirazione cristiana, che:

a) opera sotto la responsabilità assoluta sua e dei suoi organi statutari e non chiede di agire a nome della Chiesa o in rappresentanza dei cattolici (che possono legittimamente militare in vari partiti, ma certo anche in uno di dichiarata ispirazione cristiana);

b) trova la sua base valoriale nella dottrina sociale cattolica, ma, riconoscendo in questi valori elementi di carattere naturale condivisibili da ogni retta coscienza, ai suoi aderenti chiede di condividere non la fede ma questi valori umani fondamentali;

c) ricerca il consenso dei suoi potenziali elettori non in virtù della fedeltà alla fede cattolica, ma in virtù dei progetti politici che propone;

d) agisce non per difendere gli interessi della Chiesa, delle sue istituzioni o dei suoi uomini, ma nell’interesse generale del “bene comune”.

A questi principi guardiamo come a un faro di riferimento per il nostro comportamento e pertanto:

non nasconderemo di essere maturati in associazioni ecclesiali (io in AC) o di esserne stati responsabili, ma mai potremo dire di agire in politica su loro mandato o in loro rappresentanza; non nascondiamo di trovare la base valoriale di riferimento nei principi della dottrina sociale cattolica, ma lo facciamo solo nella misura in cui quei principi costituiscono valori umani universali approvabili dalla coscienza e dalla ragione; abbiamo chiesto l’adesione alla lista o all’associazione politica “Bene Comune” e chiediamo il consenso degli elettori sulla base della condivisione del programma e della sua bontà politica e non della appartenenza o condivisione di fede; non abbiamo certo l’obiettivo di tutelare la Chiesa o i suoi interessi, ma il bene comune.

Se, per spiegare e far conoscere queste nostre posizioni, chiediamo incontri anche in ambienti parrocchiali, non vedo nulla di scandaloso. Li abbiamo identificati anche per la loro valenza sociale (sono spesso richiesti per tante circostanze, dalle riunioni condominiali e di gruppi alle feste di quartiere o addirittura di compleanno), per la loro gratuità (che non è poco per un movimento come il nostro che poggia solo sull’autotassazione come forma di libertà). Li abbiamo scelti anche -perché negarlo- in quanto mondi vitali a noi vicini e da cui molti di noi provengono; lo ripeto, con le avvertenze di cui ho parlato sopra non ci vedo nulla di male, né adombrerei i fantasmi di vecchi collateralismi democristiani da comitato civico.

Infine, vorrei concludere con qualche ragionamento di carattere generale.

Quello di Sturzo era certo un partito di ispirazione cristiana. Ora, senza dubbio, abbiamo maturato la consapevolezza che i cattolici non debbono avere un partito di loro esclusivo riferimento e che debbano poter militare in più partiti. Ma fra questi partiti diversi in cui ai cattolici deve essere lasciato di potersi inserire, non si può certo negare che possa esservene anche uno che trovi nei valori del cristianesimo e della dottrina sociale la sua diretta ispirazione; a meno che non si voglia ora applicare al contrario il cosiddetto "dogma" (che tale per altro non è mai stato) della unità politica dei cattolici. Per quanto mi riguarda, non accetto ora questo "dogma alla rovescio" (il nuovo "dogma" della dispersione politica dei cattolici), così come ero contrario allora a quel vecchio "dogma" dell'unità politica dei cattolici (o meglio a quello che spacciavano come quasi "dogma" alcuni, guarda caso gli stessi che ora a Fano si candidano in cartelli politici che hanno assorbito e annullato il popolarismo negando quella dignità di autonoma presenza politica dei cristiani che allora pretendevano di avere in esclusiva). Così come mi sembra davvero molto più laica e aperta la posizione sturziana (che, lungi dal difendere gli interessi della Chiesa voleva guardare a quelli del bene comune e per questo dalla Chiesa ebbe anche qualche ostacolo) rispetto a quella di tanti che oggi, dietro il manto del maggioritario, preferiscono concordare sotto banco con la Chiesa leggi e provvedimenti.

Oltre tutto, anche come cattolico, mi chiedo se questa sia davvero per la stessa Chiesa un’autentica via di liberazione dagli abbracci troppo condizionanti del passato, o non piuttosto un loro camuffamento più subdolo e pericoloso. Del resto, guardando ancora alla storia, anche allora la politica prevalente della Chiesa era stata in fondo, osteggiando il partito sturziano che appariva inaffidabile e indisponibile a fare da mera sponda per gli interessi ecclesiastici, quella di contrattare direttamente spazi e privilegi con quelle formazioni politiche (laiche!!!) che meglio avrebbero potuto garantirglieli (salvo poi affidarsi alla Democrazia Cristiana del dopoguerra che aveva assunto in proprio questa valenza di rappresentanza ecclesiastica da Sturzo sempre respinta).

Non vorrei fare eccessive forzature, ma quante analogie vedo con l’oggi!


Tanto rapido poi non sono stato. Lo sapevo! Scusatemi.

Cordialmente
Samuele

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