L’acqua nelle Marche deve essere un bene pubblico

Gestione pubblica dell’acqua in tutta la nostra regione. Ovvero restituire all’acqua la sua essenza di diritto fondamentale per ogni essere umano. E’ il grido che mi impegno a portare senza cedimento sugli scranni del consiglio regionale.

La battaglia per l’acqua è una battaglia su cui pesa l’avvenire nostro e dei nostri figli. Il forum nazionale dei movimenti per l’acqua riporta questo slogan: “Si scrive acqua ma  si legge democrazia”. Davvero qui si gioca il nostro futuro. Perdere l’acqua significa perdere il concetto stesso di bene pubblico e di servizio pubblico (e non è un caso che la spinta privatizzatrice che in un primo momento aveva colpito solo la gestione dell’acqua abbia coinvolto nel giro di un anno con l’articolo 15 sugli obblighi comunitari tutti i servizi pubblici). Significa insomma che tutto ciò che è presente nel nostro paese è di fatto una merce che si può vendere o acquistare. A Fano, durante la mia esperienza di consigliere comunale, la battaglia per il mantenimento dell’acqua pubblica è stato un caposaldo della mia azione politica. E credo che il contributo dato da me e dalle liste che mi hanno sostenuto sia stato decisivo per portare dentro il consiglio comunale quella sensibilità che i comitati stavano diffondendo nella società civile e per costruire all’interno del consiglio stesso una rete di persone che, indipendentemente dalla loro appartenenza politica, si impegnassero a mantenere in mano pubblica la gestione dell’acqua.

L’articolo 23 bis della legge 133 drasticamente peggiorato dall’articolo 15 sugli obblighi comunitari, ha certamente complicato le cose. Ma molto si può fare. Il tessuto di comitati e associazioni sorto spontaneamente per difendere la gestione pubblica dell’acqua certamente continua a rappresentare il veicolo fondamentale di sensibilizzazione e di lotta. Oramai si può davvero parlare di un vero e proprio popolo dell’acqua che attraversa la nostra regione e il nostro paese. La politica non deve fare altro che dare seguito a queste istanze. Ora le istituzioni politiche della nostra regione hanno due compiti. Uno interno e uno esterno. Quello interno (che è quello principale) è di dichiarare immediatamente su tutto il proprio territorio l’acqua un bene pubblico non commercializzabile e avviare la ripubblicizzazione di tutto l’acquedotto marchigiano dichiarando il servizio idrico privo di rilevanza economica e colmo di rilevanza sociale e ambientale. Quello esterno è di premere sul governo centrale perché abroghi lo scempio delle due leggi e di chiedere che in parlamento venga discussa la legge di iniziativa popolare per una gestione pubblica e partecipata dell’acqua. O se no di sostenere attivamente i referendum abrogativi delle norme che hanno privatizzato l’acqua che il Forum italiano dei movimenti per l’acqua sta promuovendo in tutta Italia.

Carlo De Marchi -

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