Sicurezza e politiche sociali: Successo o fallimento?

Numerosi e ripetuti in questi giorni eventi  che hanno visto delinquere giovani della nostra città. Lasciatemi  esprimere come prima cosa pertanto  la mia piena solidarietà al negoziante ed agli agenti di polizia  , che nei giorni scorsi sono  state vittime di questi tristi fattidi cronaca locale, in particolare il primo rapinato e malmenato al termine della propria giornata lavorativa. Fatta questa doverosa premessa questi eventi mi hanno fatto nascere alcune considerazioni.

Questi tre giovani fanesi arrestati sono per me, come credo per i nostri amministrastori più sensibili, il segno di una vera e propria sconfitta.Questa brillante operazione di polizia tocca un nervo scoperto delle nostre politiche sulla sicurezza che ha abdicato dalla logica del” fratello grande”, per rivolgersi a  quella  del “Grande Fratello,” rinunciando cioè  da anni, ad un politica di promozione  e cura dell’aggregazione giovanile,  a favore di qualche telecamera dislocata qua e là nei nostri quartieri sempre più luoghi  commerciali, piuttosto che spazi di relazioni intergenerazionali. Questa soluzione qualcuno la sta proponendo,  anche per il centro storico, dove degli altri giovani fanesi, hanno malmenato degli incolpevoli agenti, intervenuti a proprio discapito, per sedare  alcune  intemperanze notturne.

Vedendo e sentendo queste cose ci siamo chiesti in cosa il mondo degli adulti e la nostra città ha sbagliato, quando è avvenuto di non essere stati più in grado di cogliere il disagio  che sottende a certi deprecabili reati.Tutti questi giovani sono stati dei figli, degli scolari, comunque bambini e poi degli adolescenti, prima che dei tossici, come qualcuno li ha definiti.Sono ragazzi di Fano, con un nome ed un cognome sui quali le loro famiglie prima, la scuola poi e l’intera comunità, ha speso tempo, energie e soldi, ma se questi sono i risultati ottenuti,  allora credo sia necessario aprire una seria riflessione individuale e collettiva.Per quanto mi riguarda, questa vicenda mi lascia tanto amaro in bocca, gli sforzi e l’impegno profusi non sembrano essere stati sufficienti ad aiutarli e quello che per anni è stato considerato un rischio di devianza, oggi è diventato un agito deviante. Ma quanto liberamente questi giovani hanno scelto questa strada deprecabile o a loro volta possono essere considerati  delle vittime? Ci sono responsabilità amministrative? Come abbiamo potuto permettere che per anni i servizi preposti a sostenere determinati disagi, fossero più traballanti delle famiglie alle quali avrebbero dovuto dare stabilità? Quale valore diamo a questi interventi se non si tutela l’esperienza maturata negli anni,  anche mediante  impegno dell’ente pubblico,  di operatori, che  il più delle volte sottopagati col becero sistema della riduzione delle ore di apertura dei servizi, poi messi brutalmente da una parte.  E’ giusto fare scelte amministrative senza guardare alla qualità del progetto ed alla competenza  degli operatori, tenendo  conto solo del ribasso della gara di appalto.!

Con questo tipo di politiche sociali: intervenire sull’emergenza e non su una progettualità a medio/lungo termine,  il Comune ha speso per anni,  in termini economici, di tempo e di risorse professionali, in contributi, rette per strutture di accoglienza ,  comunità terapeutiche e socio-sanitarie, un vero e proprio tesoro, anche se poi queste persone, una volta tornate a casa, si sono ritrovate  la miseria di sempre, la vergogna, la disoccupazione, la depressione e di nuovo gli amici “sbagliati”, il branco, l’alcool e la droga bastarda.

Giustamente investiamo cifre ingenti per i ragazzi fino a quando sono minorenni, ma non appena si è girata la boa dei 18 anni, questi ragazzi, se non hanno alle spalle famiglie solide o chi le affianca o le vicaria nel loro ruolo educativo, restano soli e sappiamo proporgli ben poco per continuare a costruire il proprio futuro.

Senza voler demonizzare in assoluto il sano divertimento tipico dei giovani, ma non si possono indirizzare le politiche giovanili di un comune quasi esclusivamente verso “divertimentifici”, si rischia in questo modo di favorire soltanto contesti nei quali  le sostanze possono diventare le risposte più semplici ai propri limiti ed alle proprie fatiche personali. invece di cercare di costruire veri percorsi di autonomia ed emancipazione, favorendo la profonda richiesta di senso insita in ogni giovane..

Ecco  che le droghe diventano allora  le uniche cose che a differenza del mondo adulto non ti deludono e purché anch’esse non ti abbandonino, ti dispongono a fare ogni tipo di sciocchezza, fino a varcare la soglia di un negozio e tentare una rapina o picchiare degli agenti che fanno semplicemente il proprio dovere.

Il fatto che le forze di polizia abbiano arrestato ragazzi già noti ai più per le loro difficoltà che vivono a 200 metri dal luogo della rapina, fermati in flagranza di reato, non mi sembra un motivo sufficiente per esultare della vittoria, ma piuttosto meditare sulla “nostra” sconfitta.

Chi come me è responsabile della tutela dei minori , chi ha un ruolo istituzionale come quello di un sindaco o di un assessore ai servizi sociali, deve tenere sempre in considerazione i contesti, le relazioni familiari,  il vissuto dei  genitori e non perdere mai di vista  il patrimonio, la miniera che ci è data in ogni nuova generazione.

Scrivo questi pensieri con tanta amarezza e sofferenza nel cuore, nel timore  che questi giovani fanesi, colpevoli di reati così gravi, possano essere vittime, di una città che non si domanda più se è accogliente o meno ,e pertanto insicura, e di un mondo di adulti che dovrebbero sentire il fallimento piuttosto che la fierezza per averli tradotti in carcere.

Giacomo Furlani

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