Con questo nuovo Prg si andrà verso UN MERCATO IMMOBILIARE DROGATO

Il nuovo PRG che sta per essere approvato dalla giunta di centrodestra del Comune di Fano, che prevede una nuova grande ondata di fabbricabilità, tale da far aumentare la popolazione della città di circa 12.000 abitanti nel giro di pochi anni, propone una riflessione sull’attitudine degli italiani a rifugiarsi nel “bene casa” in periodi di incertezze o di crisi.
Oltre alla necessità di nuove abitazioni per chi volesse trasferirsi a Fano proveniente da altri paesi, città o nazioni, c’è una discreta richiesta di case anche da parte degli attuali residenti.
Un po’ perché i tassi di interesse vengono ritenuti ancora sufficientemente bassi, tali da agevolare indebitamenti a medio-lungo periodo, un po’ perché si reputa comunque l’investimento nel “mattone” ancora il più sicuro, la tendenza di molti ad acquistare una nuova abitazione tiene alta la domanda di case e conseguentemente tutto il mercato immobiliare che vi ruota intorno. Ma tutto ciò è veramente positivo? Io qualche dubbio ce l’ho e provo ad esplicitarlo.
Molte famiglie pensano che il miglior modo per assicurare un avvenire più sereno ai propri figli sia quello di contrarre un mutuo ed acquistare una seconda (o terza) abitazione ad essi destinata. Il ragionamento dei genitori è più o meno questo: “se tutto va bene i nostri figli si troveranno una casa per abitare, magari vicino a noi, se c’è qualcosa che va male la rivenderanno e sicuramente non ci rimetteranno i soldi”. Così, un pò pensando che sia comunque il miglior investimento dei propri risparmi, un po’ pensando di fare un gran favore ai propri figli, si contraggono mutui che oggi, per l’alto costo delle nuove abitazioni, sono sempre più spesso di durata trentennale, e si immobilizzano grandi risorse economiche e finanziarie.
Molte famiglie contraggono così indebitamenti eccessivi, arrivando a “drogare” un mercato, quello immobiliare, che non risponde più alle reali necessità, ma percorre la china pericolosa di gonfiare bolle speculative che inevitabilmente, prima o poi, dovranno ridimensionarsi.
In questa fase ci guadagnano sicuramente solo i costruttori, che non ridistribuiscono ricchezza come in altri settori economici, ma tendono a massimizzare i profitti destinati,poi, a diversificare immediatamente gli investimenti appena cambiano le condizioni generali.
Inoltre la conseguenza della “premura” dei genitori verso i propri figli, è che diventiamo tutti quanti sempre un po’ più “stanziali”. Avendo cioè i nostri figli una casa già bella e pronta, nessuno penserà di trasferirsi altrove e di venderla (verrebbe ritenuto uno “sgarbo” verso i propri genitori), così faranno gli amici, e tutti quanti abiteranno nel raggio di pochi chilometri dalla loro precedente provenienza.
L’Italia, infatti, è la nazione che ha la più alta percentuale di case in proprietà. E penso che ci sia anche la maggiore percentuale di figli che vanno ad abitare a pochi chilometri dai loro genitori.
Sarebbe invece molto più utile, a mio personalissimo avviso, incentivare il sistema della casa in affitto. Ci sarebbe un minore indebitamento delle famiglie, una maggiore mobilità complessiva, un incentivo a spostarsi comunque più frequentemente anche da una città all’altra, e, perché no, anche da una Nazione all’altra. All’estero c’è infatti un maggior ricorso all’affitto anche per questo motivo. Avremo i figli un po’ meno “mammoni”, più aperti culturalmente e predisposti a girare.
Faremo guadagnare qualcosa meno alle banche ed ai costruttori. Ed avremo bisogno di PRG più leggeri, con una prospettiva di disegno strategico per le città del futuro più improntate alla cultura e meno al mattone. E’ una utopia o qualcuno è disposto a cominciare ad invertire una tendenza che sembra un tabù inviolabile?


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