Politiche sociali: di male in peggio!

Nell’ultimo consiglio comunale il sottoscritto a nome di BC aveva richiesto delucidazioni riguardanti le caratteristiche della nuova fondazione Fano Solidale e sulle conseguenze relative alla mancata attestazione di ONLUS (organizzazione non a scopo di lucro), nonché delle conseguenze del fallimento della precedente Fondazione Anziani Sereni. Le risposte dell’Assessore Del Vecchio sono state a dir poco disarmanti. Non solo per la genericità delle argomentazioni, sembrerebbe che la precedente fondazione sia svanita nel nulla! Che fine a fatto “il capitale” della precedente fondazione, la questione non si può liquidare in questo modo ci sono delle responsabilità soggette a giudizio di legge! Dove sono finite le regole definite dai principi di diritto amministrativo? Ma la cosa più grave di fronte alla mia richiesta è stata la espressione “non so la differenza tra fondazione di comunità e fondazione secondo il Testo Unico degli Enti Locali (detto T.U.E.L.)”. Ma in quale città viviamo, il consiglio comunale cos’è il bar dello sport? Dove ognuno dice una opinione come gli viene in mente? Chi governa questo comune e chi lo dirige (direttore generale, dirigenti, funzionari) conoscono le leggi italiane sanno come vanno applicate? Un amministratore se non conosce le leggi di settore se le fa spiegare, le studia, approfondisce la tematica prima di rispondere. Una interrogazione non deve trovare una risposta a caso come mi sembra abbia fatto l’assessore l’ultimo consiglio. Spesso, a dire il vero, lo fa anche il Sindaco, che si vanta “troppo spesso” di andare a braccio, se si preparasse di più qualche volte non sarebbe male. Siamo la la terza città delle Marche!!! Non il comune di Serra, con tutto il rispetto di Serra Sant’Abbondio che avrà consiglieri ed amministratori comunali sicuramente più preparati, merita maggiore senso di responsabilità. Un appunto mi sento di farlo anche agli altri componenti della minoranza che spesso in questi argomenti non hanno avuto molta voce in capitolo. Al di là del parere del sindaco e dell’assessore le Politiche Sociali, nella nostra città, sono veramente messe male, e pochi ritengo siano stati i contributi che BC ha avuto per incalzare l’amministrazione su questo tema. Il livello di malore e la mancanza di qualsiasi livello di spessore penso possa esser segnalato anche dalla assenza di qualsiasi riflessione sull’ Ambito Sociale”.
E’ stata nominata, infatti, la nuova Responsabile dell’Ambito territoriale Sociale n.6 ! Ne sa niente qualcuno? Anche il sindaco se ne era dimenticato, se non fosse stato richiamato dal consigliere Berluti con una Mozione d’ordine nell’ultimo consiglio. Il livello culturale riguardante le politiche sociali si apprezza proprio da questi fatti. Riflettevo su questo silenzio assordante e pensavo se fosse stata la nomina del nuovo direttore Generale dell’ASL, quanti articoli o notizie ci sarebbero stati. Ma è così. Il percorso che devono realizzare le politiche sociali, la possibilità di imporsi all’attenzione è davvero arduo. Il dramma è che si interpretano ancora le politiche sociali come la distribuzione di prebende e regalie e non l’organica organizzazione di strutture capaci di sviluppare una città di benessere e di una migliore qualità della vita.
Carlo De Marchi


Commenti

2 risposte a “Politiche sociali: di male in peggio!”

  1. POLITICHE SOCIALI E SERVIZI PER LA SALUTE MENTALE

    di LAURA TUSSI

    Le discipline psicologiche costituiscono dei modelli teorici volti allo sviluppo della personalità, in un’otticadi valorizzazione delle relazioni nei rapporti famigliari, e nell’area degli scompensi clinici intesi come fluttuanti delimitazioni tra disturbi nevrotici e psicotici. Da questa lettura sintomatologica deriva la considerazione di fattori biologici, psicologici e sociali, ossia fattori biopsicosociali che si associano al disturbo psichico. Nel Diagnostic Statistical Manual of Mental si definisce l’omosessualità come deviazione sessuale e nel 1974 i membri della commissione stabilirono di eliminare l’omosessualità dalle patologie. Questo dimostra la relatività dei giudizi psichiatrici e l’incertezza delle diagnosi. Una ricerca di Brown Harris ha dimostrato l’influenza dei fattori sociali rispetto alle situazioni patologiche, proponendo eventi fattoriali che interagiscono nella genesi delle depressioni, come fattori di vulnerabilità, agenti causali di separazione, perdita e delusione. Lo studio di Warner relativo alla schizofrenia riporta l’eziogenesi della patologia a cause di stress economico e disoccupazionale e indica fattori protettivi al fine di rendere le psicosi maggiormente accolte e integrabili nella società, fornendo posti di lavoro, con il trattamento della patologia nel settino terapeutico, tramite supporti clinici e psicologici.
    Ciompi evidenzia un modello esplicativo della schizofrenia con fasi premorbose, periodi di acuti scompensi psicotici, in un’evoluzione a lunga scadenza. Con questo modello analitico, la schizofrenia viene concepita come una patologia intermittente e non come disordine cronico in base a studi di etnopsichiatria che si occupa di variabili culturali.
    Saraceno riconsidera le proprie osservazioni analitiche in ambito schizofrenico ad una multidimensionalità della malattia riconducibile a fattori macrosociali, a differenze culturali, a eventi esterni, a condizioni socioeconomiche e a contesti microsociali ossia interfamigliari. La patologia schizofrenica presenta segnali di conflittualità, di devianza, di sofferenza individuale.
    La psichiatria è cura dell’anima, dal greco antico, e la teoria psichiatrica moderna si è costituita con la caduta delle interpretazioni magico-religiose della follia. Piro individua differenti periodi nella fase evolutiva della modernizzazione psichiatrica: il periodo conservatore, la fase di modernizzazione, il mutamento e la difficile riforma degli anni ’80 e’90.
    Gli anni ’60 vedono un clima politico e culturale nuovo con proposte riformistiche, con le rivendicazioni antiistituzionali e il progetto di settorializzazione psichiatrica, in cui si prevedeva di raccogliere i degenti in un settore, in una certa parte del territorio fornita da dispensari, da ambulatori e istituti intermedi. Jones prospettava la costituzione di una comunità terapeutica nel sostituire alla gestione violenta del manicomio la gestione comunitaria con l’eliminazione dei rapporti autoritari, lo sviluppo della comunicazione e la risocializzazione del malato. L’applicazione pratica di tale prospettiva avvenne con gruppi e commissioni di psichiatri intorno al ministro Basaglia. La riflessione sulla gestione concreta del malato viene messa in discussione da diverse culture medico terapeutiche come ad esempio l’antipsichiatria di Laing. Il tema dell’istituzionalizzazione prevede la risoluzione di un complesso di danni e interferenze per il lungo soggiorno coatto, con principi di autoritarismo e coercizione, dove il degente manifesta la progressiva perdita d’interessi in un processo di regressione e restringimento dell’io, nel più acuto vuoto emozionale. La tesi di Basaglia verte sull’immagine e sull’analisi dell’istituzione manicomiale come ente che deforma la malattia mentale, nascondendola, impedendone una chiara lettura. L’introduzione dei neurolettici crea negli ospedali un’azione di recupero in un rapporto basato sulle storie di vita, e sulle applicazioni delle metodologie autobiografiche nel recupero psichiatrico. Tale progresso medico e farmacologico costituisce un supporto all’ipotesi organizzativa moderna quale punto di riferimento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Partendo dalla psichiatria viene ripensata la categoria socioculturale dell’esclusione, dove la cura del malato si muove nella paura, nella repressione e occorre la riconquista della libertà, della tutela, della difesa nella comunità e nella collettività. La Legge 180 emanata dal Ministero Basaglia consiste nella legittimazione giuridica di un innovativo umanesimo psichiatrico. I principi della legge prevedono che la malattia mentale sia gestita in una rete di servizi territoriali, ambulatoriali e ospedalieri, dove l’assistenza psichiatrica è parte del Sistema Sanitario Nazionle, in cui il malato mentale ha diritti altri, dove si prevede in primis la chiusura delle strutture manicomiali e la riorganizzazione dei servizi. La riforma psichiatrica di Basaglia prevede una nuova fase nello sviluppo dei servizi con reti di servizi psichiatrici che includono dipartimenti per la salute mentale; lo sviluppo della riabilitazione psichiatrica; la regolamentazione dei processi di chiusura degli ex ospedali psichiatrici. E’ prevista la classificazione dei servizi per modelli tipici come servizi forti (ospedale psichiatrico), servizi a legame debole (Centri Psico Sociali), e servizi con una forte caratterizzazione organizzativa che prevede tecniche di intervento sistemico, psicodinamico, e farmacologico. Coesistono differenti sistemi organizzativi del sistema psichiatrico quali il dipartimento di salute mentale come sistema dipartimentale con reti di servizi, centri di salute mentale con collegamento di servizi sanitari e sociali, servizi psichiatrici di diagnosi e cura, strutture semiresidenziali quali day hospital e centri diurni e strutture residenziali in collegamento con i DSM. Nel 1994 il governo Ciampi approva il progetto obiettivo nazionale relativo alla tutela della salute mentale, in cui l’ASL consiste in una rete di strutture territoriali psichiatriche, residenziali e semiresidenziali dove vengono valorizzate le competenze professionali degli operatori, in un’ottica complessiva di superamento dell’ospedale psichiatrico tradizionale.

    Laura Tussi

  2. Avatar Giovanni Santarelli
    Giovanni Santarelli

    Carissimo Carlo e amici di bene Comune.

    La questione che sollevi è di una drammaticità esemplare per una città che vantava, fino a poco tempo fa, un livello di servizi tra i migliori dela regione e un livello di pressione del volontariato sugli amministratori che purtroppo non esiste quasi più.

    Non entro nel merito del perchè, ma mi limito ad informare, a proposito del nuovo Coordinatore di ambito, che entro breve verrà approvato il nuovo piano sociale regionale e che verrà sottoscritto, in applicazione dello stesso, un accordo con le organizzazioni sindacali che prevede una serie di interventi relativi prima di tutto al rafforzamento dell’ambito territoriale sociale.

    Ho già inviato una nota ai coordinatori (Fano per altro non ha dato comunicazione alcuna alla Regione di chi è e di come contattarlo) rammentando che già dalle prossime settimane dovremo elaborare le linee guida per i nuovi Piani triennali di ambito e per i relativi piani attuativi annuali.

    inoltre dovremo valutare la concreta possibilità di trasferire il fondo unico sociale non più ai singoli comuni, ma direttamente all’ambito laddove lo stesso però sia nelle condizioni di gestire questo passaggio (e dubito che Fano lo sia).

    Questo potrà dare forza all’ambito, dare senso al piano e ruolo al Coordinatore il quale dovrà far partire i momenti d partecipazione seria dei cittadini alle scelte dell’ambito in materia di qualità complessiva della vita e non solo di assistenza e beneficenza, come i nostri amministratori intendono

    Altri ambiti si stanno attrezzando; i due più in crisi sono Fano e Amandola.

    Per quanto mi riguarda cercherò di sensibilizzare il PD in questa prospettiva così come ho chiesto a Tomassini di continuare i suoi interventi sulla stampa. Se anche BC fa di questo settore una priorità…

    Sarebbe bello allora se, in prospettiva, riuscissimo a legare questo lavoro sulla riorganizzazione dei servizi al ripensamento del piano regolatore della città (sempre che si riprenda il Comune) e a inserirci di conseguenza il discorso sulla “caserma” che è anch’essa un servizio sociale e il discorso sulla riorganizzazione dei servizi sanitari che anch’essi sono servizi sociali.
    NINO SANTARELLI

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